image/svg+xml

The brutalist

registaBrady Corbet
castAdrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn, Raffey Cassidy, Stacy Martin, Emma Laird, Isaach De Bankolé, Alessandro Nivola, Benett Vilmányi, Jonathan Hyde, Peter Polycarpou, Salvatore Sansone, Ariane Labed, Dóra Sztarenki, Anna Mészöly
paeseRegno Unito
anno2024

Orari

giovedì 13 febbraio
venerdì 14 febbraio
sabato 15 febbraio
domenica 16 febbraio
mercoledì 19 febbraio
Iscriviti al nostro canale WhatsApp per ricevere la programmazione e aggiornamenti

Ungheria, 1947. L’architetto ebreo László Toth e sua moglie Erzsébet, sopravvissuti entrambi all’olocausto, decidono di trasferirsi negli Stati Uniti. Toth, progettista visionario e di grande talento, spera di trovare oltreoceano terreno fertile per le proprie idee. I primi tempi sono duri, costringendo la coppia ad affrontare fame e umiliazione.
Il “sogno americano” si avvera finalmente grazie all’incontro con il ricco industriale Harrison Lee Van Buren, che commissiona al protagonista la realizzazione di un grande monumento modernista. Per lui è la sfida più importante della sua carriera. Peccato che, dopo aver raggiunto l’apice, dovrà fare i conti con il rovescio della medaglia.

CANDIDATO A 10 PREMI OSCARS:

Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista per Adrien Brody, Miglior Attrice non Protagonista per Felicity Jones, Miglior Attore non Protagonista per Guy Pearce, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Fotografia, Miglior Scenografia, Miglior Montaggio e Miglior Colonna Sonora.

Golden Globes: Miglior film drammatico | Miglior regista – Brady Corbet | Miglior attore in un film drammatico – Adrien Brody

Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia 2024

BRADY REALIZZA UN’EPICA DI PORTATA MONUMENTALE, INTRECCIANDO LA STORIA DEL NOVECENTO ALLE VERTIGINI DELL’ARCHITETTURA, PER RIFLETTERE SULLA CONDIZIONE PERENNE DI ESULE E MOSTRARE UN SOGNO ANCOR PIÙ GRANDE DI QUELLO AMERICANO: QUELLO DI UN’UMANITÀ VERA, PURA E GENEROSA.

«Cercavo una storia sull’architettura e gli anni Cinquanta americani. I miei film affrontano traumi generazionali e c’è un legame intrinseco tra la psicologia e l’architettura del dopoguerra (…). L’allegoria visiva è chiara: le comunità hanno la stessa reazione, lo stesso istinto, verso i nuovi vicini che hanno un patrimonio culturale diverso e inaccettabile, come verso progetti di costruzione sconosciuti, edifici che vogliono subito abbattere. L’edificio diventa il simbolo poetico e potente di un artista che lotta per il diritto al proprio lavoro. László l’immigrato combatte per il suo diritto di sopravvivere». (Brady Corbet)

«Non c’è nessuna carezza, nessun accompagnamento rassicurante nel microcosmo di The Brutalist. Sin dal suo incipit ex-abrupto, fatto di un piano sequenza disorientante su una vita colta nella sua fuga improvvisa senza preamboli o presentazioni, il regista lancia il proprio spettatore tra i corridoi di una mente geniale lastricata di traumi, buoni propositi e sofferenze trattenute sottopelle, come una ferita mal rimarginata al di sotto di una cicatrice infettata. (…) Può essere la storia di chiunque quella di The Brutalist: è l’incursione della storia non con la S maiuscola ma dell’ordinarietà di ogni emigrato che scappa dalla guerra – reale, metaforica, o personale – per raggiungere la costa del proprio sogno, e/o della propria rivalsa.» (Elisa Torsiello, sentireascoltare.com)