IN CONCORSO ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2024
LUCA GUADAGNINO TORNA AL CINEMA CON UN RACCONTO TRATTO DALL’OMONIMO ROMANZO DI WILLIAM S. BURROUGHS, UNA STORIA D’AMORE TENERA E BRUTALE NELLA QUALE IL REGISTA RIVERSA LA PROPRIA VISIONE ARTISTICA CREANDO UNO DEI SUOI FILM PIÙ PERSONALI.
«Ho letto il libro a 17 anni. Da ragazzo volevo cambiare il mondo attraverso il cinema. Il collegamento molto profondo che c’è tra i due personaggi, la descrizione su pagina di quello che c’è tra loro, l’assenza di giudizio: tutto questo mi ha cambiato per sempre. Il film Queer ora è qui perché voglio essere fedele a quel giovane che ero e che ha sempre pensato di voler portare il romanzo sul grande schermo» (Luca Guadagnino)
«Queer è il racconto di un viaggio al termine della notte, e dunque al termine di sé stessi, dove nessuno vuole/può arrivare. Ma Lee sì, sa che è lì che deve mirare, per questo non è come gli altri. È un viaggio allucinato, disperato, ma anche vitale, lussurioso come i corpi e le piante, goduriosissimo a vedersi. (…) Città del Messico è stata ricreata a Cinecittà, ed è un set meraviglioso come quelli dei film anni ’40-50, dal Tesoro della Sierra Madre all’Infernale Quinlan, a cui Queer rimanda per gusto per l’esotismo e uso del divismo. (…) E poi – dicevo del divismo – c’è Daniel Craig. Dal James Bond tra los muertos di Mexico City al morto che adesso è lui nella stessa città appiccicosa, in quelle stanze d’albergo tra Professione: reporter, e Il tè nel deserto, e inevitabilmente Il pasto nudo. Qui il reporter è lui, ma, dicevo, l’indagine è solo su sé stesso. Cerca – nella dipendenza dalle droghe, nel sesso – la chiave per capire, per capirsi. Sogna di trovare il suo tesoro sepolto nella giungla, la droga miracolosa che attiva la telepatia: ma solo per riuscire parlare con i suoi fantasmi, con l’oscuro, con l’immateriale. E difatti, alla fine, questo film di corpi, di seduzione, di pelle e di sudore finisce per smaterializzare tutto fino al niente, fino al tutto.» (Mattia Carzaniga, rollingstone.it)