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No other land

registaRachel Szor, Hamdan Ballal, Yuval Abraham, Basel Adra
castBasel Adra, Yuval Abraham, Farisa Abu Aram, Nasser Adra, Harun Abu Aram, Kifah Adara
paeseNorvegia
anno2024
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Il documentario è opera di un collettivo israelo-palestinese che ha filmato per quasi dieci anni le operazioni di espulsione forzata degli abitanti di Masafer Yatta in Cisgiordania da parte dell’esercito israeliano. Le riprese mostrano la distruzione delle case e gli abusi subiti dalla comunità palestinese dei territori occupati. Il gruppo di attivisti palestinesi, sostenuto da membri israeliani, documenta la propria lotta contro la missione israeliana. Basel Adra, un giovane palestinese, scopre grazie a questo progetto la possibilità di avere un grande amico israeliano, si tratta del giornalista Yuval Abraham. Un’amicizia che si oppone all’odio distruttivo tra i due popoli.

Vincitore come miglior documentario alla Berlinale 2024 e arrivato nella shortlist degli Oscar 2025, No Other Land è un film nato da una forte amicizia, cementata dall’indignazione e dall’urgenza di raccontare ciò che accade in quella martoriata terra e dalla resistenza creativa all’apartheid di un coraggioso collettivo di giovani registi e attivisti che lottano insieme per la giustizia e l’uguaglianza in Cisgiordania.

«Stiamo realizzando questo film insieme, come gruppo di attivisti e registi palestinesi e israeliani, perché vogliamo fermare l’espulsione in corso della comunità di Masafer Yatta e resistere alla realtà di apartheid in cui siamo nati – da lati opposti e disuguali. La realtà intorno a noi sta diventando ogni giorno più spaventosa, violenta e oppressiva, e siamo molto deboli di fronte a essa. Possiamo solo gridare qualcosa di radicalmente diverso, questo film – che, nel suo nucleo, è una proposta per un modo alternativo in cui israeliani e palestinesi possono vivere in questa terra – non come oppressore e oppresso, ma in piena uguaglianza.» (Basel Adra e Yuval Abraham)

«No Other Land è un repertorio impressionante, mai visto prima, di azioni repressive ai danni di una comunità inerme che trova i modi per resistere, ricostruire, non reagire con la violenza. Ha un valore altissimo di testimonianza, anche retrospettiva. Si accumulano nel film sequenze “rubate”, non programmate ma dettate dall’agenda militare: qualcuno corre con una camera in mano, per assicurare le prove di un sopruso e cercare al tempo stesso di schivare i proiettili. È quasi sempre Basel, a correre, col fiato corto e l’adrenalina di chi sa di mettere a rischio la propria vita. È l’immagine stessa, lo stilema, del caos e della violenza che il conflitto israelo-palestinese continuano a propagare da decenni.» (Raffaella Giancristofaro, Mymovies.it)