DOPO LE DOLENTI MEMORIE AUTOBIOGRAFICHE DI DOLOR Y GLORIA E LE RIFLESSIONI SULLA MATERNITÀ E LA STORIA DI MADRES PARALELAS, IL REGISTA SPAGNOLO CONFERMA LO SGUARDO DI PROFONDA UMANITÀ CHE CONTRADDISTINGUE LA SUA ULTIMA PRODUZIONE, RIVOLGENDOSI A DUE ATTRICI DI PRIM’ORDINE PER ORCHESTRARE UN SOFFERTO, DELICATO E COMMOVENTE RACCONTO DI AMICIZIA, VITA E MORTE.
Tra geometrie architettoniche, colori primari che esplodono sullo schermo, numerose citazioni pittoriche, letterarie e cinematografiche La stanza accanto di Pedro Almodóvar propone la sua riflessione sulla morte come opera d’arte.
LEONE D’ORO FESTIVAL DI VENEZIA 2024
«È sempre difficile parlare di morte. So che tutti dobbiamo morire a un certo punto e lo accetto. Per alcune persone è più difficile, io nella mia vita l’ho affrontato varie volte e ho sostenuto i miei conoscenti, ma credo che dobbiamo parlare di vita. Il film parla di autodeterminazione e del diritto di decidere come morire.» (Pedro Almodóvar)
«Sotto la cupola affascinante e avvolgente di un melodramma umano, ma per nulla lacrimevole, Almodóvar ci presenta dunque una sua riflessione sul narrare, se stessi e gli altri, e sulle problematiche etiche che ciò comporta. (…) Con lo scorrere del film poi (…) emerge anche il portato metacinematografico (…). “I film sono più armoniosi della vita” diceva François Truffaut in Effetto notte, e l’arte in generale lo è, questo Almodóvar, da intellettuale ed esteta, lo sa bene. E così, tra geometrie architettoniche, abiti sobri e raffinati, i cui colori primari esplodono sullo schermo, compaiono in La stanza accanto numerose citazioni pittoriche, letterarie e, naturalmente, cinematografiche. (…) E allora proprio in questi tempi difficili non resta che affidarsi all’arte, e auspicabilmente, sembra dirci Almodóvar, anche trasformarsi in arte, perché – noi cinefili lo sappiamo bene-, basta aggiungere un po’ di finzione e tutto diventa più bello e accettabile, anche la morte.» (Daria Pomponio, quinlan.it)