VIETATO AI MINORI DI ANNI 18
PALMA D’ORO FESTIVAL DI CANNES 2021
Un vero manifesto della nostra contemporaneità fluida e del cinema del futuro, materia pulsante densa di risonanze.
Un film unico, provocatorio, innovativo, che attraversa l’immaginario techno-rock-pop new pangender e ha stupito e trionfato al 74. Festival di Cannes vincendo la Palma d’Oro.
«Da quando faccio cinema mi sono sempre molto interessata al lavoro sul corpo del personaggio e di conseguenza anche al lavoro sul corpo dello spettatore, sulle sensazioni che può provare. Ho cercato di vedere se esistono altri modi per potersi identificare con un personaggio quando non lo si ama. Il corpo, in questo film, serve per farci rimanere vicino alla protagonista che non prova emozioni, che uccide e che è in preda ad una pulsione di morte. Non posso renderla astratta altrimenti il pubblico dopo dieci minuti se ne va dalla sala; devo fare in modo che lo spettatore senta ciò che sente il personaggio. Ragione per cui do molta importanza all’aspetto organico, tanto che lo spettatore rischia di avere paura per il proprio corpo se si immedesima e si identifica con il personaggio. È un modo per mettersi al posto del personaggio principale se non lo ami: poi poco a poco c’è una trasformazione verso l’umano , se ne rimane ancora più colpiti e lo spettatore resta a guardare il film. Quindi queste reazioni che suscito sono volute, e immagino che a Cannes siano state molto sentite dalla giuria. Sono sensazioni che fanno parte del mio modo di fare cinema: il cinema deve essere una continua esperienza; abbandono completamente la struttura del racconto classica in tre atti e mostro questo viaggio verso l’umanità, con un filo conduttore che inizia sin dai miei corti.» (Julia Ducournau)
«Il cinema di Decournau non è certo per tutti i gusti. Ma è innegabile che la sua sia una voce completamente nuova nel panorama del cinema di genere. E per genere si può intendere anche quello sessuale, che Decournau smonta e rimonta in permanenza sul corpo meccanizzato e al tempo stesso organico della propria eroina. Costruzione e decostruzione che non risparmia l’anima, alla quale la regista impone ogni sorta di modifica. Con il personaggio di Alexa prende ogni rischio immaginabile e diversi inimmaginabili. La sua disinvoltura rispetto alle regole della sceneggiatura è totale, spogliata di ogni necessità di verosimiglianza logica e psicologica. In questo, il suo cinema è una boccata d’aria fresca dentro un panorama francese asfissiato da una scrittura pulita, ordinata e terribilmente prevedibile.» (Eugenio Renzi, il Manifesto)