“Sulla infinitezza ha una voce narrante, che ridefinisce il concetto stesso di voice over cinematografico. Spesso la voce narrante è un personaggio che accompagna la storia e un uso particolarmente significativo è quello che ne ha fatto Alain Resnais in Hiroshima, mon amour, in cui un monologo di Marguerite Duras finisce sia per accompagnare splendidi immagini silenziose sia per trasformarsi in dialogo con i personaggi principali. Io ho scelto la voce di una donna, una giovane donna, che lasciando trasudare esperienza di vita e vanità ricorda una sorta di fata. La voce sottolinea ciò che si vede e si rivolge direttamente a chi guarda il film, in maniera chiara e pacata. Non vuole convincere di nulla ma descrivere solo ciò che sta accadendo ma lo fa all’imperfetto. Mentre noi vediamo ciò che avviene, lei lo descrive come se ne fosse stata già testimone. Ci racconta anche qualcosa che non vediamo, fornendoci ulteriori informazioni sui personaggi e sulle ragioni di alcuni loro comportamenti, arricchendo in tal modo la nostra prospettiva sugli spaccati.” Roy Andersson
IL FILM: Una soave voce femminile racconta storie di diverse umanità. Attraverso una serie di momenti apparentemente banali, si riflette sullo splendore della vita, sulla sua grandezza, sulla sua crudeltà e sulla sua banalità. Situazioni insignificanti assumono così la stessa importanza di significativi eventi storici: una coppia fluttua sulla città di Colonia devastata dalla guerra; sulla strada per una festa di compleanno, un padre si ferma a legare i lacci delle scarpe della figlia sotto la pioggia battente; ragazze adolescenti ballano fuori da un bar; un esercito sconfitto marcia verso un campo di prigionia.