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Quel che Sapeva Maisie

castJulianne Moore, Steve Coogan, Alexander Skarsgård, Joanna Vanderham, Onata Aprile, Sadie Rae, Jesse Stone Spadaccini, Diana García, Amelia Campbell

In una New York frenetica e scintillante, la piccola Maisie si ritrova contesa nella causa di divorzio tra una madre rockstar, Susanna, affettuosa ma distratta, e un padre mercante d’arte, Beale, sempre in viaggio d’affari. Quando Beale sposa Margo, la giovane tata di Maisie, il tribunale decide di affidargli la bambina e Susanna per vendetta si prende per marito un barman altrettanto giovane, Lincoln. Entrambe le nuove famiglie funzionano poco e Maisie sembra trovarsi bene solo insieme a Margo e Lincoln, gli unici davvero capaci di darle tenerezza e attenzione. Le cose si complicano quando tra i due nasce l’amore…

Dal romanzo di Henry James da cui Ronconi aveva tratto un magnifico spettacolo con la Melato, due registi, McGehee e Siegel, traggono un film all’altezza del cuore e della mente di una bambina (attrice strepitosa, ex aequo con la Moore) che viene strattonata di casa in casa da coppie di fatto di cui lei è la vittima designata. Una costruzione drammatica ibseniana per un film che dentro comprende molti affetti irrisolti. Quasi un happy end, bravissimi attori (Maurizio Porro – Il Corriere della Sera)

“(…) a reggere il racconto e soprattutto a catturare l’attenzione del lettore ci pensa lo sguardo «perplesso e indagatore» di una bambina, sballottata tra divorzi e matrimoni a catena. Uno sguardo (e non solo) che deve aver convinto la sceneggiatrice Carroll Cartwright della possibilità di spostare quella storia dalla Londra di fine Ottocento alla New York di oggi, mantenendola però come perno e motore di una situazione che riguarda anche la difficoltà degli adulti a spezzare le catene del proprio egoismo. E’ infatti della Cartwright l’idea iniziale di adattare il romanzo jamesiano (che poi sceneggerà insieme a Nancy Doyne) e che prendeva spunto da quella che ai tempi era una novità assoluta – l’affidamento congiunto di una figlia ai due genitori divorziati – e che invece oggi è maggiormente entrato nell’uso. La storia ritrova il punto di vista dell’infanzia che paga colpe non sue già magistralmente filmata da De Sica in ‘I bambini ci guardano’ (e viene il dubbio che Guido Cesare Viola conoscesse il testo di James quando scrisse il romanzo all’origine del film italiano, ‘Pricò’) ma qui senza le forti connotazioni di classe che innervavano il film. Piuttosto c’è una «vaghezza» sociologica che sposta l’interesse della pellicola dal sociale allo psicologico, facendo della piccola Maisie una specie di rivelatore involontario delle debolezze e degli egoismi di un mondo che sembra aver dimenticato il senso profondo dei propri legami. Fin dalle prime scene scopriamo come Maisie (l’esordiente e straordinaria Onata Aprile) subisce e reagisce alle liti e poi al divorzio dei suoi due genitori: la rockstar Susanna (Julianne Moore) alle prese non solo con le latitanze del marito ma anche con una carriera non proprio all’apice; e il mercante d’arte arruffone e narciso Beale (Steve Coogan, già visto al fianco di Judi Dench in ‘Philomena’) i cui periclitanti affari sembrano soprattutto una ragione per evitare di affrontare le proprie responsabilità. (…) Se nel testo di James (…) il finale era molto più in sintonia con la morale puritana allora imperante, nondimeno il film conserva il punto focale della storia, quello di una bambina che arriva a conoscere l’egoismo degli adulti e trova dentro di sé la forza per fare delle scelte «radicali». Meno inquisitrice che nel libro, la Maisie del film si «adatta» però meglio al linguaggio cinematografico, sottolineando solo con il suo sguardo triste e malinconico i comportamenti di chi gli sta intorno. Che la coppia di registi Scott McGehee e David Siegel (altrove piuttosto routinier) racconta senza calcare la mano sulle «colpe» ma anzi con affetto e una certa dose di comprensione. Soprattutto per il personaggio di Susanna, il cui giovanilismo fa sorridere e che cerca – senza riuscirci – di far coincidere gli sforzi per restare sulla cresta dell’onda con gli slanci del suo affetto materno. E che Julianne Moore restituisce sullo schermo con la solita meravigliosa bravura. (…) un film che sa parlare senza gridare, mostrare senza accecare ed emozionare senza ricattare.” (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’, 24 giugno 2014)

“Henry James in quello che venne considerato come il secondo periodo della sua narrativa, attorno agli anni Novanta del secolo XIX, dette spazio soprattutto al punto di vista di uno dei suoi personaggi, per non giudicare, per mantenersi neutrale. A questo periodo appartiene ‘Quel che sapeva Maisie’, 1897, che è oggi alla base del film americano con lo stesso titolo diretto da Scott McGehee e David Siegel sulla scorta di una sceneggiatura di Nancy Doyne e Carrol Cartwright. Qui il punto di vista, già annunciato dal titolo, è quello di una bambina, Maisie appunto, figlia di due divorziati. (…) Tutto, fin dall’inizio, come se visto da Maisie. Senza voce fuori campo, senza spiegazioni soggettive. La rappresentazione oggettiva, prima, del rapporto con papà e mamma, molto amati anche se, a un certo punto, giudicati per come si comportano con lei: le disattenzioni del padre, sempre in viaggio per il suo lavoro, le scarse presenze della madre, di professione cantante, con impegni numerosi e continui. (…) In una New York piuttosto frenetica che la sceneggiatura, passando sopra alla fine Ottocento del romanzo di James, è riuscita ad ambientare con verosimiglianza ai nostri giorni, mentre ogni personaggio, agli occhi di Maisie, mostra chiaramente l’evoluzione costante della propria indole, in peggio papà e mamma, in meglio i due che prenderanno il loro posto. Li ricreano, sempre sotto lo sguardo di Maisie interpretata da una vera e propria bambina prodigio, Onata Aprile, Julianne Moore, la madre, Steve Coogan, il padre, proposti però con segni più vividi da Alexander Skårsgard come Lincoln; e da Joanna Vanderhan, la tata. Un quintetto tutto da lodare.” (Gian Luigi Rondi, ‘Il Tempo – Roma’, 25 giugno 2014)

“(…) al cinema, resta sempre lì a presidio della materia il lacrimoso modello di ‘Kramer contro Kramer’. Comunque il succo è sempre quello. Storia raccontata secondo il punto di vista di un’innocenza infantile, qui la piccola Maisie, travolta dalla pochezza degli adulti, tradita dall’irresponsabilità di genitori puerili, egoisti, isterici, egocentrici e vili. Solo che il tono del film di Scott McGehee e David Siegel – coppia di autori uno californiano e l’altro newyorkese con un bel cursus di consensi critici e di belle scelte di cast femminili: da Tilda Swinton per ‘I segreti del lago’ a Juliette Binoche per ‘Parole d’amore’ – è nervoso, disincantato, un po’ superficiale, non solo senza patetismo ma anche senza approfondimento drammatico. Sembra aver voluto trasportare la riflessione del romanzo ispiratore in un clima da anni 60-70 per quanto riguarda la leggerezza superficiale e irresponsabile (…). Sempre interessante la personalità di interprete di Julianne Moore, la mamma.” (Paolo D’Agostini, ‘La Repubblica’, 26 giugno 2014)

“Pubblicato nel 1897, ‘Quel che sapeva Maisie’ di Henry James è un ritratto di bambina che, rimpallata dopo il divorzio da un genitore all’altro e da entrambi usata come arma di reciproco ricatto, intuisce d’istinto di poter sopravvivere alla situazione solo assicurandosi un punto d’appoggio alternativo. Mediata dalla tipica voce narrante jamesiana, la coscienza di Maisie è il vero centro di esperienza del libro; e anche il suo centro «ironico», in quanto cartina di tornasole di una società vana e corrotta. Per tradurre questo straordinario romanzo di formazione sullo schermo, i registi Scott McGehee e David Siegel, di concerto con le sceneggiatrici Carol Cartwright e Nancy Doyne, hanno ricostruito la sottile ragnatela della mente sull’imbastitura degli sguardi: con la macchina da presa che se ne prende carico, ponendosi all’altezza degli occhi malinconici e attenti della bimba (la deliziosa Onata Aprile). Per cui noi sappiamo quel che Maisie vede e crede di capire, e in parte sappiamo pure quel che non vede, anche se, come sulla pagina, non sempre sappiamo quel che lei sa. Trasportando la cornice dalla Londra vittoriana alla New York contemporanea, ed eliminando il personaggio (per la verità chiave) dell’anziana governante Mrs Wix – che con il suo costante appello al senso etico poteva risultare anacronistica negli attuali tempi di morale liquida – il film addolcisce in ogni caso i toni: pur superficiale e distratto dai suoi problemi economici, Mr. Beale nella divertita interpretazione di Steve Coogan riesce persino ad apparire un papà simpatico; mentre nell’intensa incarnazione di Julianne Moore, l’egocentrica, narcisistica mamma rock star è riscattata da momentanei sprazzi di sincero affetto.” (Alessandra Levantesi Kezich, ‘La Stampa’, 26 giugno 2014)