2022 FESTIVAL DI CANNES – UN CERTAIN REGARD
PER IL SUO SECONDO LUNGOMETRAGGIO DAVY CHOU SI ISPIRA ALLA STORIA DI UN’AMICA, NATA IN COREA DEL SUD MA ADOTTATA DA GENITORI FRANCESI. MA IN PIÙ LAVORA SUL SOGGETTO FACENDO TESORO DELLA SUA ESPERIENZA PERSONALE DI FIGLIO NATO IN FRANCIA DA GENITORI CAMBOGIANI. DA UNA STORIA INCENTRATA SUL TEMA DELL’ADOZIONE INTERNAZIONALE IL FILM DIVENTA COSÌ UNA RIFLESSIONE SULL’IDENTITÀ CON PROTAGONISTA UNA GIOVANE DONNA CHE RIFIUTA CONTINUAMENTE DI ADATTARSI A UNA CLASSIFICAZIONE PREDEFINITA, CHE PASSA IL TEMPO A REINVENTARSI, RIDEFINIRSI E RIAFFERMARSI PER CERCARE IL PROPRIO POSTO NEL MODO.
«Nel 2011 sono andato a presentare il mio primo documentario di lungometraggio, Golden Slumbers, al Busan International Film Festival in Corea del Sud. Una mia amica è venuta con me per mostrarmi quello che definiva “il suo paese”. Laure è nata in Corea del Sud ed è stata adottata in Francia quando aveva un anno. A ventitré anni è tornata per la prima volta nel suo paese di nascita, dove ha trascorso due anni prima di fare nuovamente ritorno in Francia. Abbiamo preso un autobus e mi sono ritrovato a pranzo con il suo padre biologico e sua nonna. È stata davvero un’esperienza toccante. Dai loro scambi trapelava un misto di emozioni: tristezza, rancore, incomprensione e rimpianti. C’era anche un qualcosa di tragicomico perché era chiaro che avessero problemi a capirsi. Rimasi così toccato da quell’esperienza che decisi che, magari, un giorno l’avrei trasformata in un film. Dopo l’uscita di Diamond Island, il mio primo lungometraggio di fantasia ho cominciato a pensarci di nuovo. Così ne ho parlato con Laure, e ne è stata entusiasta.» (Davy Chou)
«Bel ritratto di una giovane donna combattuta tra emozioni violentemente contraddittorie e, inconsciamente, tra due paesi, Return to Seoul costruisce metodicamente una diga, un passaggio che ci conduce lentamente attraverso gli stati d’animo di Freddie, tra l’evasione attraverso feste o avventure senza senso e una tristezza latente che la divora e alla fine la porta ad accettare un padre con sensi di colpa molto evidenti e una madre quasi inaccessibile. È un percorso iniziatico perfettamente confezionato offerto dal talentuoso Davy Chou, che gestisce emozioni contenute e ribollenti con esperta disinvoltura, per poi alleggerire l’atmosfera con alcune scene piuttosto divertenti causate da scontri culturali e sequenze in cui l’energia della giovinezza può essere avvertita in pieno. È una miscela seducente.» (Fabien Lemercier, cineuropa.org)