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Noi 4

castKsenia Rappoport, Fabrizio Gifuni, Lucrezia Guidone, Francesco Bracci Testasecca

Trama:

Tutto accade in una giornata di giugno, in una Roma afosa, assediata dal traffico metropolitano. Per il serio e timido Giacomo è il momento più atteso e temuto dell’anno: non solo deve affrontare gli esami orali di terza media, ma pure dichiararsi ad una sua compagna di scuola, segretamente amata. Intorno a questo importante appuntamento si muovono freneticamente anche gli altri membri della sua scombinata famiglia. La sorella Emma, ventenne idealista ed irrequieta che sogna di fare l’attrice di teatro, è tanto affezionata al padre quanto distante dalla madre. I genitori sono da tempo separati. Ma mentre Ettore, il padre, è il tipo di artista bohemien e squattrinato, simpatico ma chiaramente inaffidabile, specie agli occhi del figlio, la mamma Lara, ingegnere, si è dedicata anima e corpo ai figli e alla sua professione. Nel corso di questa giornata caotica e complicata, i nostri 4 “eroi” si cercano e si incrociano a coppie sempre diverse in vari punti del centro di Roma, per poi ritrovarsi tutti insieme a sostenere Giacomo durante l’esame. Ma una giornata speciale ha bisogno anche di un festeggiamento speciale. Una fuga dalla città tutti insieme, per un bagno al tramonto. Eccoli di nuovo riuniti e finalmente felici. Un breve, magico interludio che li riporta ad essere per un giorno quello che erano e malgrado tutto sono ancora: una famiglia.

Critica:

Lara ed Ettore sono stati marito e moglie, e si sono molto amati. Ora sono ex coniugi che hanno polarizzato le differenze all’origine del loro distacco: Lara ingegnere stakanovista e ansiogena, Ettore sedicente artista di nobili natali e voglia di lavorar saltami addosso. A rimetterli costantemente in contatto, nonostante le reciproche divergenze, sono i due figli Emma e Giacomo: lei aspirante attrice occupante del Teatro Valle; lui studente di terza media alle prese con l’esame finale, “incidente scatenante” che favorisce l’ennesimo incontro-scontro fra i genitori.
Alla sua seconda regia, lo sceneggiatore-regista Francesco Bruni raddoppia la posta in gioco, anzi la quadruplica, e se in Scialla! raccontava un rapporto padre-figlio, in Noi 4 si cimenta con le relazioni incrociate fra quattro personaggi: i genitori con i figli, gli ex coniugi fra di loro, i fratelli all’interno del legame paragenitoriale dovuto alla grande differenza d’età fra la maggiore e il “piccolo” di casa. Nell’aumentare il livello di complessità narrativa Bruni dimostra coraggio e il lodevole rifiuto di sedersi sugli allori del successo precedente, ma rivela anche il dislivello fra ciò che conosce benissimo, ovvero la psicologia maschile (ad ogni età), e ciò che conosce meno bene, cioè l’universo femminile, che in Noi 4 appare delineato dall’esterno, soprattutto nel caso del personaggio di Emma.
Ma l’interazione multipla (che comprende anche gli scambi con personaggi femminili meno centrali e per questo più a fuoco, come la zia Nicoletta, interpretata con grande naturalezza da Raffaella Lebboroni, o la bimba cinese Xiaolian) funziona a vari livelli: come motore di una storia interamente character driven e come racconto della metamorfosi identitaria, anche di genere, portata in dote dalla modernità (e dalla crisi economica). Con un occhio vigile e un orecchio attento, soprattutto all’autenticità dei dialoghi, Bruni racconta l’Italia di oggi con leggerezza solo apparente, “buttando via” battute taglienti ed espressioni che evocano un mondo (come i “motivi manicomiabili” di cui Lara nutre la sua ansia) e inserendo immagini sintetiche come la pedalata a vuoto della superdonna abituata a fare strada in salita (la figlia, più avanti, la definirà “un criceto”). La solida esperienza narrativa del Bruni sceneggiatore costruisce una vicenda ricca di echi e di rimandi che fa leva sulle contraddizioni interne ai suoi personaggi più che sugli accadimenti esterni, e racconta una famiglia ristretta invece che allargata, scegliendo di concentrarsi non sulle diramazioni successive di un divorzio doloroso, ma sul vincolo eterno che la nascita dei figli impone (o almeno dovrebbe) ai genitori.
Il registro narrativo oscilla fra la tenerezza e la rabbia, la frustrazione e il sorriso, echeggiando molte dinamiche famigliari, ed evitando “la cantata in macchina” di morettiana memoria, pur corteggiandola da vicino, con lo stesso mix di retorica e antiretorica che caratterizza le interazioni domestiche. Il montaggio secco di Marco Spoletini funziona spesso “in levare” togliendo alle scene la compulsione della “chiusa” chirurgica, e lasciando “sospesi” che la sceneggiatura provvederà a sigillare più avanti (o manterrà sospesi, perché la vita funziona così). La fotografia di Arnaldo Catinari evita i compiacimenti estetici e trattiene l’effetto “caramello” restituendo una luminosità riconoscibile, e una Roma trafficata che è un cantiere a cielo aperto, anche di interazioni umane.
La regia di Bruni è meno sicura della scrittura (anche se un piano sequenza di accesso al palcoscenico fra presagire un salto futuro in quella direzione), ma sulla base dei passi finora compiuti può avere fiducia nelle proprie intuizioni e proseguire nell’indagine sul maschio italiano contemporaneo (magari facendosi affiancare da una sceneggiatrice per delineare meglio le femmine di oggi), fotografando i nostri tempi con precisione e delicatezza. (mymovies.it)