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Leviathan

castElena Lyadova, Vladimir Vdovichenkov, Aleksey Serebryakov, Anna Ukolova, Kristina Pakarina, Alim Bidnenko, Aleksey Rozin, Aleksey Pavlov, Sergey Pokhodaev, Lesya Kudryashova

Candidato agli Oscar come Miglior film straniero

Premio per la sceneggiatura al Festival di Cannes

Golden Globe come Miglior film straniero

 

Kolia vive in un villaggio vicino al Barents Sea, nel nord della Russia. Possiede un’officina dove ripara le macchine. Il suo negozio è collocato proprio accanto alla casa, dove vive con la sua giovane moglie Lilya e suo figlio Roma, nato da un precedente matrimonio. Ma il sindaco del villaggio, Vadim Shelevyat, vuole portargli via la sua officina, la sua casa e la sua terra. Prova prima a convincere Kolia a vendere, ma Kolia non vuole perdere tutto quello che ha, non solo la terra ma tutta la bellezza di cui vive circondato dal giorno della sua nascita. Così il sindaco Shelevyat inizia ad essere più aggressivo…

Luoghi magnifici, personaggi meschini. Spazi immensi e vite minuscole, o meglio tragicamente ordinarie, dominate dall’utile e dai rapporti di forza. Una Natura grandiosa e terribile, in cui tutto sembra parlare di Dio o almeno di speranza, e una società condannata al peggior immobilismo, che come unica via d’uscita concede la vodka. O quella sinistra e a suo modo esilarante scampagnata in cui i maschi, finalmente lontani dalla città (dalla Legge), tirano fuori i fucili per sfogarsi sui ritratti di tutti i grandi capi dell’era sovietica («Quelli attuali no, non abbiamo la distanza storica necessaria», ironizza uno degli sparatori).

Strano film questo Leviathan, già candidato agli Oscar e premiato per la sceneggiatura a Cannes 2014. Il titolo rimanda al mostro marino della Bibbia, ma anche al Leviatano di Hobbes. Che poi sarebbe lo Stato, mostro indomabile, padrone dell’uomo e del suo destino. La fattura non potrebbe essere più classica. Ma il regista, leone d’oro a Venezia anni fa col bellissimo Il ritorno, gioca a rimpiattino con lo spettatore nascondendo il senso del racconto dietro tempi dilatati e inquadrature perfette per come concentrano in una sola immagine le peggiori bassezze e le altezze sublimi dell’ideale.

Siamo in una baia sul mare di Barents, Russia del Nord. Tra fiordi e scogliere affiorano carcasse di navi e scheletri di balene. Su quel paesaggio mozzafiato si affaccia la modesta abitazione dell’onesto garagista locale, che purtroppo fa gola al potente e corrottissimo sindaco della città, un apparatchik postsovietico della peggior specie.

L’omuncolo però, un “cattivo” abbastanza terificante, si impone solo nella seconda parte del film, per accelerare il destino del povero Kolia. Garagista, ex parà, un figlio adolescente e una seconda moglie giovane e bella, Kolia le prova tutte per resistere al sindaco, con l’aiuto di un avvocato ed ex-commilitone venuto apposta da Mosca. Ma tutto andrà storto, tutti in un modo o nell’altro lo tradiranno e l’imbelle Kolia ripercorrerà le orme del biblico Giobbe.

Mentre il pope locale, forse il personaggio più sinistro del film, predica la sacra alleanza tra religione e potere trasformando quello che sembrava un thriller carico di tensione e mistero in una requisitoria implacabile e forse necessaria, ma almeno per noi un po’ ovvia, contro le cosche al potere nella Russia di Putin. Che peraltro produce e benedice attraverso il Ministero della Cultura. Evidentemente anche in Russia per fortuna i censori possono distrarsi. Ma con attori di questa portata, e immagini così potenti, lasciarsi sedurre è davvero il minimo. (Fabio Ferzetti – Il Messaggero)