Grazie a un racconto leggendario e con immagini spettacolari della laguna di Venezia, il film racconta problematiche attuali come il cambiamento climatico di un luogo unico al mondo
Avvolta da un’aura epica e di mistero, Venezia è la protagonista di un documentario raccontato in chiave fantastica e ancestrale. Una voce narrante femminile, che sembra provenire da un tempo remoto, accompagna le immagini della laguna e del centro storico, chiedendosi se quella città magica sorta sulle acque sia mai esistita davvero. Uno sguardo mitico e insieme attuale ad un luogo unico al mondo ma capace di evocare sensazioni e temi universali, incitando anche alla riflessione su questioni sempre più urgenti come il cambiamento climatico e l’overtourism.
Da diversi anni il regista veneziano Giovanni Pellegrini, con la propria casa di produzione e distribuzione Ginko Film, sta raccontando la sua città nel progetto audiovisivo “Venezia Liquida”, che attraverso corti e lungometraggi vuole restituirne l’anima più autentica e il suo rapporto speciale e fondativo con l’acqua. Se il precedente documentario La città delle sirene era incentrato sull’inondazione avvenuta a Venezia nel novembre 2019, in Lagunaria Pellegrini alza l’asticella slegando del tutto il racconto dalla cronaca e accentuandone la dimensione mistica.
Parlare al passato di una città presente, tentando di intravederne il futuro: probabilmente, non esiste città più adatta a questo approccio di Venezia, eterna eppure fragile, luogo senza tempo e sospeso come da un incantesimo. Qualunque persona sia mai stata almeno una volta a Venezia, sa come sia impossibile descrivere pienamente l’esperienza. In questo senso, la scelta del regista di ammantare il racconto di leggenda si rivela azzeccata e originale.
La voce fuori campo della narratrice Irene Petris, le musiche di Filippo Perocco, e soprattutto le immagini (frutto di cinque anni di girato) dei canali e della laguna, dove il cielo si confonde nel mare, contribuiscono all’atmosfera rarefatta e al senso di mistero attorno a Venezia, città alla ricerca costante di un equilibrio tra acqua e terra, ambiente naturale e urbano. Lì dove, citando Proust, “le abitazioni fanno pensare a luoghi naturali, ma di una natura che ha creato le proprie opere con un’immagine umana”.
Si percepisce un amore assoluto e inquieto per una città che potrebbe già essere diventata il museo di sé stessa e che tutti si affrettano a visitare prima che possa affondare come una vecchia nave. Le minacce che aleggiano all’orizzonte su Venezia, dall’inquinamento ai mutamenti del clima fino al sovraffollamento turistico, non vengono esplorate in maniera divulgativa ma, coerentemente, solo evocate con toni sfumati.
In alcuni passaggi si rischia di perdere un po’ il filo del discorso, ma nel complesso l’intento suggestivo dell’opera colpisce e trova la sua sublimazione nella parte finale, nelle straordinarie riprese di una Venezia deserta e pietrificata durante i periodi di lockdown, ma che poi torna a rivivere. Mentre nelle sue acque, nella loro mutevole danza, si riflettono tutte le città possibili. (MYMOVIES.IT)