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La Ragazza Senza Nome

castAdele Haenel, Jérémie Renier, Fabrizio Rongione, Olivier Gourmet, Thomas Doret, Christelle Cornil

IN CONCORSO AL 69. FESTIVAL DI CANNES (2016)

Dopo “Due giorni, una notte” il nuovo film degli autori due volte Palma d’oro a Cannes.

Jenny, una giovane dottoressa, si sente in colpa per non avere aperto la porta del suo ambulatorio a una ragazza trovata di lì a poco senza vita. Dopo aver appreso dalla polizia che non c’è modo di identificarla, Jenny ha solo un obiettivo: scoprire l’identità della ragazza, così che possa avere un nome sulla tomba.

Per lasciare il segno con ogni film i fratelli Dardenne, due volte Palma d’Oro a Cannes, non hanno certo bisogno di effetti speciali o di colpi di scena clamorosi. Basta il loro sguardo, sempre attento a raccontare la realtà senza il filtro del pregiudizio, per trasformare le loro pellicole in una riflessione attenta e acuta della realtà che ci circonda.
“La Ragazza Senza Nome” è l’ennesima conferma di questa capacità: mostrandoci il volto meno conosciuto delle nostre città – quella periferia nella quale la protagonista Jenny si addentra per restituire un nome e la dignità alla sconosciuta che ha sconvolto la sua esistenza – i Dardenne ci parlano delle tante sfide dell’Europa contemporanea.

Le sfide dell’accoglienza, dell’identità da restituire ai tanti, troppi “senza nome” che incrociamo nelle nostre strade, distogliendo lo sguardo. Le sfide di una realtà complessa e in continuo divenire, dove il concetto di “altro” e “diverso” necessariamente si fondono e si confondono.
I sobborghi di Liegi – loro location prediletta da sempre – diventano un’estensione della periferia di Roma, Parigi, Berlino, ma anche di Lampedusa o Ventimiglia. Diventano i nostri quartieri, e tutti noi ci immedesimiamo in Jenny, quando scopre di essere stata troppo a lungo cieca di fronte a ciò che la circonda.
I Dardenne non vogliono farci la morale, questo no. Ma come sempre il loro è un cinema che apre gli occhi, e anche il cuore. Non con i pugni allo stomaco, ma con un tarlo che si insinua nella mente e non la abbandona nemmeno all’uscita dalla sala, quando la domanda “Cosa farei al loro posto?” continua a risuonare potente.