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La ragazza con il braccialetto (la fille au bracelet)

registaStéphane Demoustier
castMelissa Guers, Chiara Mastroianni, Anaïs Demoustier, Roschdy Zem, Annie Mercier, Pascal Garbarini, Carlo Ferrante, Victoria Jadot, Paul Aïssaoui Cuvelier, Anne Paulicevich, Mikaël Halimi, Léo Moreau, Jean Louis Dupont, Sébastien Landry
paeseFrancia
anno2019

Orari

La storia di Lise (Melissa Guers), una ragazza di 18 anni, accusata due anni prima di aver ucciso la sua migliore amica e ora costretta alla libertà vigilata in attesa del giudizio della Corte d’assise. Lise ha alla caviglia un braccialetto elettronico che controlla i suoi movimenti e vive con i genitori, Bruno e Céline (Roschdy Zem e Chiara Mastroianni), esponenti della classe media. I due affrontano l’accusa di omicidio della figlia in modi totalmente diversi: il padre si dimostra protettivo e cerca di sostenerla, mentre la madre è totalmente bloccata su come affrontare questo dramma familiare e il futuro di Lise. Quando la ragazza si presenta in tribunale, emerge durante il processo uno stile di vita, condotto da Lise, totalmente inaspettato per i genitori. Una vita sconcertante che finora ignoravano e che mette per la prima volta l’imputata a nudo.

Approfondimento

LA RAGAZZA CON IL BRACCIALETTO: CONOSCIAMO DAVVERO I NOSTRI FIGLI?

Diretto da Stéphane Demoustier, La ragazza con il braccialetto racconta la storia di Lise, una sedicenne accusata di aver ucciso la sua miglior amico. Com’è naturale che sia, i genitori le stanno accanto e la sostengono. Tuttavia, una volta in tribunale, la vita segreta di Lise comincia a svelarsi pian piano e il suo caso si complica ulteriormente, anche perché la giovane non fa nulla per difendersi dalle accuse che le vengono mosse. Ma chi è davvero Lise? E, soprattutto, quanto conosciamo a fondo chi amiamo veramente?

Con la direzione della fotografia di Sylvain Verdet, le scenografie di Catherine Cosme, i costumi di Anne-Sophie Gledhill e le musiche di Carla PalloneLa ragazza con il braccialetto è il remake francese dell’argentino Acusada, presentato in concorso al Festival di Venezia 2018. A raccontare le ragioni del film è lo stesso regista: “Fin dall’inizio, ho trovato il progetto tanto eccitante quanto rischioso. Avrei dovuto girare un film su un processo che avrebbe instillato nello spettatore una sorta di dilemma pavloviano portandolo a voler conoscere dapprima i fatti e poi a rifiutare la verità. La ragazza con il braccialetto suggerisce a tutti noi che, nel ricostruire la verità, potremmo anche fare a meno dei fatti. Se non si vuole deludere il pubblico, però, è meglio distrarlo e portare la sua concentrazione altrove. In questa storia, quell’altrove è qualcosa di molto profondo e primordiale e risiede nella relazione che Lise ha con la sua famiglia. Dal momento in cui inizia il processo il dubbio si insinua pian piano in tutti. Anche Bruno, il padre, vede aprirsi delle crepe nelle sue certezze. Non mette però in discussione l’innocenza di Lise ma l’immagine che di lei si è creato nella testa. Man mano che il processo avanza, emerge la domanda centrale: Lise ha ucciso Flora? E prima di trovare ancora la risposta ne emerge un’altra ancora più complicata: Lise verrà condannata?”.

“Rifiutando di voler presentare colpi di scena al offrire una soluzione chiara, ho preferito concentrarmi sui personaggi secondari – persone che non conoscono e non possono conoscere tutta la verità – e trasformarli in protagonisti. In questo modo, mi sono liberato dai vincoli del genere. Da quando sono diventato padre, ho sentito crescere il peso della responsabilità e l’ansia. Vedendo i miei bambini crescere, sono rimasto sconcertato dalla loro alterità: ho visto la carne della mia carne diventare altro rispetto a me. Esiste ovviamente una differenza tra ciò che io volevo per loro e ciò che loro sono diventati: credo che ciò sia alla base del rapporto tra genitori e figli. In La ragazza con il braccialetto l’atmosfera è aggravata dalle domande dei genitori di Lise: fino a che punto loro conoscono la figlia? La domanda si estende ovviamente a tutti noi: quanto capiamo i nostri figli? L’amore dei genitori è incondizionato o ha un limite oltre il quale non può più andare?”.

“Dal punto di vista della narrazione, ho scelto di partire dal processo, a due anni dagli eventi”, ha concluso Demoustier. “E ho scelto di raccontare la vicenda attraverso il punto di vista degli osservatori in aula e non attraverso gli occhi dell’imputata. In sostanza, volevo che fosse un film su un processo visto da coloro che erano lì presenti a guardare da dietro il banco degli imputati. L’aula di un tribunale è il posto in cui la verità deve essere trovata, scovata e rivelata. Eppure, nel caso di Lise, la verità cambia spesso versione e forma. I fatti è come se fossero scomparsi e solo il verdetto potrà ridefinire gli eventi, ponendo la parola fine a interpretazioni e incomprensioni. Il dubbio, però, rimarrà in tutti quanti”.