Le difficoltà di una coppia che non prova più passione, con gli effetti tragicomici che ne conseguono, e la possibilità di un nuovo inizio, inaspettato e a dir poco travolgente, sono al centro del toccante, divertente e personalissimo film di Ferzan Ozpetek, La Dea Fortuna, che segna il ritorno del regista italiano di origine turca a Roma (dopo aver girato a Napoli e a Istanbul le sue ultime pellicole), alle famiglie allargate, all’amore in tutte le sue forme e alle emozioni pure.
È fra le braccia di un’umanità variegata, autentica e gioiosa, un vero trionfo della diversità, che veniamo introdotti all’inizio del film, dopo un inquietante prologo tra i corridoi di una sontuosa dimora aristocratica, che rivedremo solo più tardi. Siamo su una bella terrazza romana dove si sta festeggiando un matrimonio gay, e tutti i personaggi principali sono lì, primi fra tutti i padroni di casa, Arturo e Alessandro (Stefano Accorsi, già in Le fate ignoranti e Saturno contro, e Edoardo Leo), una coppia di quasi cinquantenni visibilmente in crisi. All’improvviso irrompe Annamaria (Jasmine Trinca), amica del cuore ed ex fidanzata di Alessandro, con valigie e due bambini al seguito. Lei non si tratterrà molto (la aspetta un ricovero in ospedale per accertamenti su sospetti mal di testa), invece i suoi figli Martina (Sara Ciocca) e Alessandro (Edoardo Brandi) sono lì per restare, che i due uomini lo vogliano o no.
Seguiamo così il quotidiano di Arturo e Alessandro, catapultati nella dimensione di “genitori” nel momento peggiore della loro relazione quindicennale. Accorsi e Leo sono perfettamente intonati, il primo nei panni di un intellettuale e professore mancato, il secondo in quelli di un più concreto e risolto idraulico (che parla con i rubinetti), risucchiati nel vortice di recriminazioni e tradimenti. Ozpetek racconta con sincerità e una buona dose di battute fulminanti (il regista firma la sceneggiatura con il produttore Gianni Romoli e Silvia Ranfagni) l’agonia di un amore profondo, pronto a riaccendersi con uno sguardo, una risata, con la complicità di due persone che condividono la vita da anni e ora confrontate con responsabilità più grandi di loro.
Trinca irradia amore e coraggio nelle vesti di Annamaria, una giovane donna libera e ribelle, di origini nobili e in rotta con la sua arcigna madre (incarnata con sorprendente incisività dalla scrittrice Barbara Alberti), che arriva come un terremoto a sconquassare l’equilibrio sclerotizzato della coppia protagonista. Nel cast anche l’immancabile Serra Yilmaz, la transgender Cristina Bugatty, Filippo Nigro e Pia Lanciotti, gli ultimi due nei panni di una coppia che al contrario si rinnamora ogni giorno poiché lui, malato di Alzheimer, rivede ogni giorno la sua compagna come se fosse la prima volta. Unica concessione al melodramma, questa qui, di un film altrimenti asciutto, centrato e coinvolgente, accompagnato dalle musiche originali di Pasquale Catalano (già collaboratore di Ozpetek in vari film, e di Sorrentino) e la voce inconfondibile di Mina.