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La Comune

castTrine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Helene Reingaard Neumann, Martha Sofie Wallstrøm Hansen, Lars Ranthe

Erik e Anna sono una coppia di intellettuali con un sogno. Insieme alla figlia Freja, fondano una comune nell’enorme villa di Erik in un elegante quartiere di Copenhagen. Con la loro famiglia al centro della storia, siamo invitati ad entrare nel sogno di una vera comune: partecipiamo alle riunioni sulla gestione della casa, alle cene e alle feste. Amicizia, amore e condivisione sotto uno stesso tetto fino a quando una sconvolgente storia d’amore metterà la comunità e la comune stessa di fronte alla prova più dura che abbiano mai affrontato.

Matteo Bordone, giornalista

Cos’è. È il nuovo film di Thomas Vinterberg, il regista danese che molti ricorderanno per Festen, del 1998, realizzato secondo le regole del manifesto estetico Dogma a cui allora aderiva anche Lars Von Trier. La comune è ambientato negli anni settanta e racconta di una famiglia composta dall’architetto Erik, dalla giornalista televisiva Anna e dalla loro figlia adolescente Freja. Erik eredita una vecchia casa troppo grande e dispendiosa per tre sole persone. Sulle prime pensano di venderla, ma poi Anna propone di andare a viverci con altre persone e condividere le spese. Questa comune nasce e funziona senza scossoni finché Erik non s’innamora di Emma, una studentessa del corso che tiene all’università.

Il film è scritto da Vinterberg stesso su impulso autobiografico, insieme al suo collaboratore Tobias Lindholm (Submarino, Il sospetto). Ulrich Thomsen, già protagonista di Festen, è Erik; Trine Dyrholm, che interpreta Anna, per questo ruolo ha vinto l’Orso d’Argento all’ultimo festival di Berlino. Emma, la studentessa di cui Erik s’innamora, è Helene Reingaard Neumann, mentre Freja è l’esordiente Martha Sofie Wallstrøm Hansen.

Com’è. La comune è un film drammatico leggero (in inglese si direbbe dramedy) con un tono spesso lontano dalla drammaticità delle vicende trattate. È il contrario di un film a tesi: racconta gli eventi complicati di una famiglia che si ripensa e si smonta con fatica, ma lo fa con l’idea che le cose possano cambiare, si possano mettere a posto, e non si debbano rimpiangere le scelte fatte. In questo La comune è un film autenticamente progressista e si tiene ben lontano dall’idea dogmatica che si ha solitamente degli anni settanta. La vita in gruppo nasce come esperimento divertito di Anna, che è stanca di avere intorno solo quel rigidone del marito e decide di rimescolare le carte partendo dal vecchio amico bizzarro Ole, primo membro del collettivo. Non solo l’incoscienza e l’insofferenza dei personaggi è il punto di partenza del film, ma manca il rimorso per le strutture tradizionali abbandonate seguendo le idee del momento.

Il perno drammaturgico del film è la differenza tra il piano ideologico-sociale e il piano emotivo. Da una parte c’è la possibilità di decidere che i rapporti si lascino alle spalle la rigidità dei ruoli tradizionali e il senso del possesso; dall’altra il sentimento dell’abbandono e la fine dell’amore non hanno niente di razionale e interessano parti della coscienza che sono impermeabili alle idee. La vera protagonista del film, Anna, vive sul crepaccio di questa ambivalenza.

Perché vederlo. La comune è un film che ha i presupposti per essere pesante ma finisce per non esserlo mai. Quando racconta fatti dolorosi, lo fa sempre con un senso di normalità, senza abbracciare lo sconforto del personaggio che soffre. Per questo risulta ottimista: anche se è storta e anarcoide come un adolescente, la comune è effettivamente capace di diluire i dolori e amplificare le gioie di ciascuno.

Vintenberg dirige e riprende bene gli attori (notevole Trine Dyrholm), soprattutto nelle numerose scene di confronto e dialogo intorno al grande tavolo da pranzo. Il momento in cui i componenti della comune, nudi e brilli, si tuffano nel mare per festeggiare, ha qualcosa di autenticamente hippie. Verso il finale c’è un uso di Goodbye yellow brick road che renderà molto felici gli amanti dell’Elton John classico.

Perché non vederlo. Da un film che racconta un ripensamento di ruoli sociali e familiari ci si aspetterebbe una certa dose di coralità: la capacità di dare uno spazio vero ai membri della comune, che invece costituiscono quasi un personaggio unico, buffo e variegato, ma senza una vera capacità di staccarsi dallo sfondo e relazionarsi con la famiglia al centro della vicenda. In questo equilibrio tra dolore e leggerezza risulta perdente l’approfondimento: è vero che c’è un chiaro intento antiretorico nel tono, ma alla fine il film risulta inconsistente, ai limiti del naïf, piacevole ma superfluo.

Una battuta. Troveremo un modo.
http://www.internazionale.it/opinione/matteo-bordone/2016/03/31/la-comune-recensione