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La bella estate

registaLaura Luchetti
castYle Vianello, Deva Cassel, Nicolas Maupas, Alessandro Piavani, Adrien Dewitte, Cosima Centurioni, Gabriele Graham Gasco, Anna Bellato, Andrea Bosca
paeseItalia
anno2023

Orari

Torino, 1938. Ginia ha sedici anni: il futuro sembra offrirle infinite possibilità ma sul presente, non solo il suo, incombono le ombre della Seconda guerra mondiale. Ginia, come tutti, vuole innamorarsi, e trova il suo uomo in un giovane pittore. A condurla alla scoperta degli ambienti artistici della Torino bohémien è Amelia, una ragazza sensuale e provocante poco più grande di lei, ma diversa da tutte le persone che abbia conosciuto in vita sua, e pronta a scuotere le sue certezze. Divisa tra il senso del dovere e la scoperta di un desiderio che la confonde, Ginia è travolta da emozioni a cui non osa dare un nome. Durante la sua “bella estate” si arrende finalmente ai propri sentimenti, celebrando il coraggio di essere se stessa.

«A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e traversare la strada, per diventare come matte, e tutto era così bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravamo ancora che qualcosa succedesse.»
Inizia con queste parole “La Bella Estate”, pubblicato da Cesare Pavese nel 1949. A distanza di molti anni, la storia di Ginia e Amelia rivive sul grande schermo

IL FILM BENEFICIA DELLA TARIFFA SPECIALE CINEMA REVOLUTION,
GRAZIE AL CONTRIBUTO STRAORDINARIO DEL MINISTERO DELLA CULTURA – INGRESSO € 3,50

Nota dell’autrice
Cesare Pavese parlando del romanzo “La bella estate” lo descrive come la storia di “una verginità che si difende”. Nel film forse ora è divenuta è la storia di una “verginità che si trasforma”.
È la storia di un corpo, quello di Ginia, che cresce, desidera, vuole esser visto e amato. La storia di qualsiasi donna che entra nell’età adulta, in qualsiasi epoca in qualsiasi luogo.
Il meraviglioso sguardo “femminile” di Pavese sul mondo, sui desideri, sull’amore e sugli uomini è il punto di partenza dell’adattamento cinematografico. Un salto fatto con amore e terrore.
Il romanzo di Pavese, scritto circa ottantacinque anni fa, mi ha parlato alla prima lettura. Mi è sembrato subito cosi universale, cosi moderno.
Ginia, una giovane donna che cerca sé stessa, nel timore di non essere all’altezza e di non poter sperimentare con la propria sessualità incontra un’altra giovane donna, Amelia, che la conduce in un mondo nuovo, pieno di tentazioni, falsi sogni e fragilità. La trascina in un mondo bohémien, libero, sfacciato, senza troppi pregiudizi: il mondo dell’arte, della rappresentazione. Perché il film è anche un film sulla rappresentazione, sul desiderio di esser visti con gli occhi di un altro, di essere dipinti, ritratti, immortalati e quindi esistere. Ginia insegue questa illusione negli Anni Trenta cosi come una ragazza oggi desidera avere la propria foto, il proprio ritratto sui social, ed esser ammirata, ricevere approvazione ed esser finalmente qualcuno.
Il romanzo ha una tale eco nel contemporaneo, che raccontare una storia come quella di Ginia mi ha dato l’opportunità di veder il mondo con i suoi occhi, con quelli di una giovane donna, di tante giovani donne come lei nel tormentato momento dell’identificazione della propria sessualità, della crescita, della propria libertà.
Gli uomini per questa volta rimangono in ombra, nel loro esser predatori ed esseri fragili, vittime del loro ruolo. Lo sguardo di Pavese è severo nei loro confronti, io ho voluto ammorbidire quella severità ma non tradire quel racconto.
Ginia attaccata su tutti i fronti, da ciò che le dice la società, la propria educazione ed il contesto in cui vive si da ad un uomo perché questo è ciò che fanno tutte le sue amiche, e nel dolore che sente tradendo sé stessa, capisce la verità dei suoi veri sentimenti ed ha il coraggio di liberarsi.
Solo il personaggio del fratello, una mia piccola licenza artistica, ha la dolcezza di un fratello di oggi, un fratello “moderno” che capisce per primo i patemi della sorella, che gioca a fare da padre, ma che diversamente da tutti gli altri non giudica.
L ‘estate di Ginia è l’Estate di ogni ragazza che abbia dovuto fare una scelta.
Il film è il racconto di questo momento importante ed universale in cui si diventa adulti, in cui si trattiene il respiro e si mette in atto la libertà più grande, quella di scegliere come amare e senza paura.
Laura Luchetti

La forza di Cesare Pavese è nella descrizione dei personaggi. Piccoli nitidi dettagli che fanno vivere sulla pagina uomini e donne. Nel caso de “La bella estate”, soprattutto donne, visto che è uno dei più noti romanzi “al femminile” dello scrittore piemontese. E chi meglio di una regista per portarlo sul grande schermo? Di fronte a tale impresa Laura Luchetti trova una chiave di lettura efficace. A creare il caso è la presenza di Deva Cassel, la figlia di Monica Bellucci e Vincent Cassel, qui al debutto sul grande schermo nel ruolo di Amelia. Quanto Amelia, nella volontà di Pavese e Luchetti, è sfuggente e misteriosa, quanto Ginia, la vera protagonista, è radicata nel presente, divisa tra l’impiego come sarta e i lavori domestici per accudire il fratello Severino. A interpretarla è Yile Yara Vianello, già vista in “Corpo celeste” e “La chimera” di Alice Rohrwacher.
Ebbene, la chimica tra le due attrici è il fulcro attorno a cui ruota La bella estate, dramma in costume elegante e calibrato. La ricostruzione di un’epoca operata da Laura Luchetti avvolge lo spettatore grazie a personaggi vividi, i cui piccoli drammi catturano da subito l’attenzione nonostante un senso di incompiuto che incombe in sottofondo. A stupire è la rappresentazione di queste giovani donne che, nell’estate del ’38, con la Seconda Guerra Mondiale che bussa alle porte, sono più preoccupate a cercare un’attività che le realizzi o a liberarsi della verginità, ritenuta più un fastidioso ostacolo che una virtù da proteggere in una concezione decisamente moderna e anacronistica per l’epoca.