Nel 1966, James Hendrix è ancora un chitarrista semi-sconosciuto ai più, ma con alle spalle una solida gavetta in varie band. Durante una esibizione in un locale di New York viene notato da Linda Keith, all’epoca fidanzata del chitarrista dei Rolling Stones Keith Richards, che rimane talmente affascinata dal talento di Jimi da proporgli di andare con lei a Londra per inserirlo nel panorama musicale londinese. Jimi accetta e si trasferisce in Inghilterra, dove trascorrerà i 12 mesi che cambieranno per sempre la sua vita, spalancandogli le porte del successo nell’Olimpo del Rock.
“Come tutti i generi il ‘biopic’ ha le sue regole. L’essenziale è scavalcarle. La prima scelta riguarda ciò che la platea presumibilmente sa già. Mai esagerare in situazioni canoniche. Ma dare tutto per scontato esclude i non iniziati. L’ideale è costeggiare il già noto in modo imprevisto. Arrivare alla leggenda da un sentiero laterale. Philip Ridley, già sceneggiatore di ’12 anni schiavo’, ‘U-Turn’, ‘Three Kings’, sceglie questa strada per avvicinarci a Jimi Hendrix, e lo fa in modo magistrale. Spazzando via anche il glamour, la mitologia facile, il maledettismo a posteriori. Niente chitarre in fiamme dunque, né Woodstock. Poca droga. Appena un’allusione a Monterey. E anche i comprimari (…) sono solo silhouette. Mentre la swinging London è una città provinciale e perfino un po’ polverosa, tutta stradine, vecchietti al parco e poliziotti razzisti. Un posto molto conservatore, tutto sommato, in cui è fiorita una vera rivoluzione musicale. (…) Anche se la carta vincente del film sono le donne. (…) È grazie al loro sguardo sempre parziale e rivelatore che ci avviciniamo al cuore incandescente della sua vita e della sua musica. Fino all’irresistibile gran finale sul palco del Saville Theatre. Dopo tanti ‘biopic’ vuoti o roboanti, una vera benedizione.” (Fabio Ferzetti,’ Il Messaggero’, 18 settembre 2014)
“II film di Ridley – sceneggiatore di ’12 anni schiavo’ e regista dell’imminente serie tv ‘Criminal America’ – si offre nella forma del biopic crepuscolare, molto attento al tentativo di assumere la visione di mondo di Hendrix che non a descrivere la sua vita. E per questo ha valore.” (Anna Maria Pasetti, ‘Il Fatto Quotidiano’, 18 settembre 2014)