IN CONCORSO AL 64. FESTIVAL DI BERLINO (2014) NELLA SEZIONE “PANORAMA SPECIAL”
In grazia di Dio è la storia di quattro donne di una stessa famiglia in un piccolo paese del basso Salento, ai nostri tempi di epocale crisi economica. Il fallimento dell’impresa familiare e il pignoramento della casa sembra distruggere tutto, compresi i legami. L’unico modo per uscirne è trasferirsi in campagna, lavorare la terra e vivere con il baratto dei propri prodotti. Questa scelta obbligata sarà l’inizio di una catarsi che porterà le protagoniste a riconsiderare il loro senso della vita e soprattutto le loro relazioni affettive.
“Quattro donne di tre diverse generazioni e un luogo di antica magia come il Salento, sono i protagonisti di ‘In grazia di Dio’, nuovo film di Edoardo Winspeare (presentato all’ultima Berlinale), che con un talento sereno e mai artificioso ci racconta una storia d’amore familiare e matriarcale, di attaccamento alla terra, di crisi economica come opportunità per riscoprire un benessere fondato sulla semplicità e la bellezza e per ritrovare una felicità dimenticata. (…) Winspeare è nato nel 1965 a Klagenfurt in Austria, è cresciuto nel castello di famiglia a Depressa, incantevole trecentesco paese in provincia di Lecce, sua madre è una Liechtenstein, gli antenati paterni, cattolici dello Yorkshire, avevano lasciato l’Inghilterra ai tempi delle guerre di religione, stabilendosi secoli fa nel Regno di Napoli. II regista ha studiato a New York, a Berlino, ha girato il mondo ma la sua vita è in quel Salento che ancora conserva uno splendore intoccato e misterioso, una civiltà profonda e solare. Nel castello vive sua madre, lui nella casetta di paese della famiglia di sua moglie, dalla porta sempre aperta e un gran via vai di gente. Quasi tutti i suoi bei film, da ‘Pizzicata’ (1996), a ‘Sangue vivo’ (2000) da ‘Il miracolo’ (2003), a ‘Galantuomini’ (2008) li ha girati in questa parte estrema della Puglia, con sapienza tecnica e intensità emotiva eppure tranquilla: usando il paesaggio come parte inscindibile della storia, tra i giganteschi ulivi, gli agrumeti, i cactus, lo sfondo delle rocce sul mare, i muri a secco, i candidi nobili paesini, i colori intensi e placidi. Non ci sono attori, solo gente del luogo, Adele con la sua delicata e forte bellezza salentina è sua moglie Celeste, di famiglia contadina, Ina è la vera figlia di Adele nata dal primo matrimonio e fa l’estetista, Salvatrice lavora in una mensa ed è la moglie di Cosimo, pescatore storico di Tricase, che nel film la ama scandalizzando il moralismo della leggera Ina, Maria Concetta lavora nel bar di famiglia, Crocefisso è camionista e Salvatore, l’impiegato che si innamora di Adele, avvocato e coproduttore del film. Il fascino di ‘In grazia di Dio’ sta anche nella verità di questi grandi attori per caso, perché dice il regista ‘le loro facce esprimono un’anima e il dialetto li preserva dal ridicolo’: al loro posto, sarebbero goffi anche i più consumati professionisti. II film, sottotitolato in italiano, è definito dai suoi produttori ‘ecologico’: specchio della crisi, come la storia che racconta, è costato 400 mila euro e lo hanno sostenuto il baratto, le cooperative contadine, produttori di pasta, vino, olio locali e la Regione. II Salento è diventato un luogo privilegiato per vacanze appartate e silenziose, hanno comprato palazzi baronali, casini di caccia e masserie, raffinate celebrità straniere e italiani che sfuggono agli orrori delle estati mondane. Sono una fonte di lavoro in un luogo che ne ha sempre meno, ma attorno a loro la civiltà dei salentini, quella che ci racconta Winspeare, resta intoccata nella forza dei suoi legami familiari, nel suo amore per la terra, nella sua ammirevole diversità.” (Natalia Aspesi, ‘la Repubblica’, 24 marzo 2014)
“Nel Salento Winspeare racconta intrecciandola la storia di tre generazioni di donne partendo da un fallimento economico e finendo con una rinascita affettiva in campagna. Il film prende la rincorsa e finisce in crescendo, dopo qualche scorciatoia di qui pro quo del cuore e abilmente cuce le cose della terra e della vita con la compartecipazione emotiva di tre bravissime attrici.” (Maurizio Porro, ‘Corriere della Sera’, 27 marzo 2014)
“Il futuro è donna. Forse non completamente, ma in buona parte, almeno da quanto emerge da ‘In grazia di Dio’ del salentino/mitteleuropeo Edoardo Winspeare. (…) Progetto totalmente a km 0 e frutto del ‘Pacco Baratto’, ‘In grazia di Dio’ s’imprime ad arte nella memoria dello spettatore, proponendosi come qualcosa di (finalmente) diverso rispetto a certo cinema nazionale.” (Anna Maria Pasetti, ‘Il Fatto Quotidiano’, 27 marzo 2014)
“(…) presentato con una buona eco al festival di Berlino, non fa sconti allo spettatore e, anzi, in qualche modo lo sfida col rigore neorealistico, i dialoghi in dialetto stretto e l’esplicitezza sociale, psicologica, fisica degli snodi narrativi. Chi conosce l’opera (da ‘Pizzicata’ a ‘Galantuomini’) del regista Winspeare, cresciuto e tuttora residente nel trecentesco paese di Depressa in provincia di Lecce, è già portato ad apprezzare queste scelte eseguite senza presunzione intellettualistica, ma in virtù di una lineare adesione allo spirito della terragna civiltà salentina. Nel nuovo film il pathos della rincorsa a un minimo di benessere si concentra nell’anomalo nucleo familiare composto da quattro donne di tre generazioni diverse: Salvatrice sorretta dalla fede, la figlia separata Adele, l’altra figlia Maria Concetta illusa sognatrice e la nipote Ina insolente, fannullona e promiscua. Scacciate da casa per morosità, sono costrette a traslocare in una masseria semi-diroccata che può, però, contare su un modesto appezzamento agricolo grazie alle cui risorse la conflittualità che le affligge riesce paradossalmente a trasformarsi in maggiori forza di resistenza, dignità e consapevolezza. Le attrici, tra cui spicca la Casciaro (Adele) sposata col regista, sono eccezionali per intensità e naturalezza e il contrappunto paesaggistico è incantevole, ma mai oleografico: peccato che a mente fredda s’intraveda un’ombra d’ambiguità ideologica nella tendenza a deprecare la miseria indotta dalla crisi economica esaltando nel contempo la ricchezza dei pauperistici valori contadini.” (Valerio Caprara, ‘Il Mattino’, 27 marzo 2014)
“Piacerà a chi ha una predilezione per Edoardo Winspeare. Che per noi vale più di Özpetek ma forse solo per noi. Perché altrimenti non dovrebbe arrabattarsi con i cast di sconosciuti, invece delle stelle sempre a disposizione del collega.” (Giorgio Carbone, ‘Libero’, 27 marzo 2014)
“Eccellente commedia in agrodolce dell’anglo-salentino Edoardo Winspeare, che, giocando astutamente in casa e aiutato da indispensabili sottotitoli, intreccia le storie di quattro donne della stessa famiglia. (…) Un plauso a Celeste Casciaro, esordiente moglie del regista: perbacco, che brava.” (Massimo Bertarelli, ‘Il Giornale’, 27 marzo 2014)
“Sensibile, colto, riservato, Edoardo Winspeare rappresenta un caso unico nel nostro cinema. Attaccato alle radici salentine della famiglia (di nobili origini anglosassoni) ha firmato bei film in dialetto come ‘Pizzicata’, ‘Sangue vivo’, ‘Galantuomini’ utilizzando la musicalità di espressioni poco comprensibili per esaltare la verità di personaggi e situazioni. Meccanismo con cui narra ora una piccola storia originata dalla crisi economica, fatta non di numeri, ma di volti e passioni. (…) Emozioni forti suscitate da attrici non professioniste. Persone che portano sullo schermo sentimenti veri, brandelli di vita vissuta.” (Maurizio Turrioni, ‘Famiglia Cristiana’, 30 marzo 2014)