CANDIDATO ALL’OSCAR 2025 COME MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE
🏆GRAN PREMIO DELLA GIURIA AL FESTIVAL DI CANNES
UN’OPERA ESTREMAMENTE CORAGGIOSA CHE SEGNA UN FONDAMENTALE PASSO. È UN MEGAFONO PER DARE VOCE A CHI LA VEDE SOFFOCARE NEL SANGUE.
“Il seme del fico sacro” di Mohammad Rasoulof non è soltanto un’opera cinematografica, ma l’eco di un’esistenza lacerata. La storia personale del regista, incarcerato per le sue posizioni critiche contro il regime in Iran e costretto a fuggire in esilio, si intreccia inevitabilmente con quella del film, che nasce come atto di resistenza, concepito tra clandestinità e pericoli costanti.
“I semi del fico sacro cadono sui rami di altri alberi attraverso gli escrementi degli uccelli. I semi germogliano e le loro radici si muovono verso il terreno. Quando le radici raggiungono il terreno, il fico sacro si regge sulle proprie gambe e i suoi rami strangolano l’albero ospite.”
Questa è la metafora con cui inizia “Il seme del fico sacro”.
Racconta qualcosa di terribile, qualcosa che possiamo cercare di capire, ma che in realtà è impossibile comprendere fino in fondo se non lo si vive.
Tutto può sembrare normale, mentre sotto la superficie si nasconde qualcosa di difficile da sradicare.
Il male non sempre si vede subito, a volte cresce piano, senza fare rumore, fino a quando è troppo tardi.
È un film che ti resta dentro e lascia domande alle quali è difficile dare risposta.