MERCOLEDÌ 06 DICEMBRE OSPITE IN SALA IL REGISTA YURI ANCARANI
2023 MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA: GIORNATE DEGLI AUTORI
DOPO LE FUNAMBOLICHE VISIONI DI ATLANTIDE, YURI ANCARANI ABBRACCIA UNO STILE RIGOROSO E DISCRETO, AL SERVIZIO DI UN TEMA DI STRINGENTE E COSTANTE ATTUALITÀ. UN FILM CHE È TANTO IL PUNTO DI ARRIVO DI RIFLESSIONI DECENNALI E IL PUNTO DI PARTENZA DI NUOVI DIBATTITI E CONFRONTI.
Il film evidenzia per la prima volta il rapporto fra la crescente affermazione sociale delle donne e l’aumento della violenza sessuale maschile. Quanto più il mondo delle donne, ancora inevitabilmente insicuro, viene tuttavia alla ribalta, tanto più si acuisce la violenza insofferente di una parte del mondo maschile. Un fenomeno opposto a quanto generalmente si supponeva anche in ambito scientifico. Protagonista è Marina Valcarenghi, psicoterapeuta e psicoanalista, con un passato nel giornalismo, nella politica durante gli anni Sessanta e Settanta, e con quarantacinque anni di lavoro clinico alle spalle. Da quest’ultima esperienza, ancora in corso, Valcarenghi ha potuto osservare come l’insicurezza femminile sopravviva, nonostante la progressiva conquista di autonomia economica e sociale. Per prima ha introdotto la psicoanalisi in carcere, nei penitenziari di Opera e di Bollate, lavorando per dodici anni nei reparti di isolamento maschile con detenuti in gran parte condannati per reati di violenza sessuale.
«È un film fatto sì di immagine, ma soprattutto di voce. Ho passato molto tempo a Venezia per la lavorazione di Atlantide e ho avuto a che fare con ragazze e ragazzi minorenni. Lì è nata un’amicizia con Marina Valcarenghi, ottantenne milanese che da giovane organizzava con il fratello, il Festival Popolare al Parco Lambro. Marina dirigeva la rivista «Re Nudo», ha lavorato sui diritti delle donne, portando nelle carceri di Opera e Bollate la psicanalisi, parlando con stupratori, assassini e studiando come pochi altri in Italia in tema di violenza di genere. Spesso durante i nostri incontri emergevano questi argomenti per niente facili anche solo da ascoltare, e dato che sono sempre stato interessato a muovermi in territori pericolosi, ho pensato di restituire questa sua conoscenza in un film che, a differenza di altri miei lavori, non riguarda tanto “un luogo” ma un argomento» (Yuri Ancarani)
«Pamphlet didattico, profondamente rivoluzionario, che richiama tutte e tutti a uno sforzo maggiore di comprensione e partecipazione, Il popolo delle donne è una versione aggiornata del manifesto nella rivista di lotta o del volantino novecentesco. Il suo approdo naturale è nella sala cinematografica, nei cineforum, tra le associazioni, nelle scuole e, per volontà della sua autorevole messaggera, anche nei tribunali, auspicabilmente a beneficio di chi è incaricato per legge di comprendere a fondo e decidere non solo su entità della pena, ma su rapporti di forza, consapevolezze, modalità di riabilitazione.» (Raffaella Giancristofaro, Mymovies.it)