IL FILM PIÙ AMATO DEL FESTIVAL DI BERLINO 2024
DIRETTO DAGLI IRANIANI MARYAM MOGHADDAN E BENTASH SANAEEHA RACCONTANO LA QUOTIDIANITÀ IRANIANA, SFIDANDO LE REGOLE DEL REGIME TEOCRATICO. E RIVELANDO ANCORA UNA VOLTA LA POTENZA DELL’ARTE.
La sfida del film, che fino all’ultima inquadratura si appoggia alla dolente colonna sonora di Henrik Nagy, è il miglior gesto di resistenza umana ed intellettuale nei confronti del regine teocratico. Un atto d’accusa, sincero e luminoso, gentile e delicato, in netta contrapposizione e in netto contrasto alle idee anti-liberali dettate dalla Forza disciplinare della Repubblica Islamica dell’Iran. Allora, nelle sue lucenti scelte visive, e nella vitalità di una grande protagonista, “Il mio giardino persiano” diventa un film da supportare e amare. Del resto, come dice Mahin, la resistenza passa attraverso le nostre scelte: “Più ti rendi sottomessa più ti mettono i piedi in testa”.