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Il fiore delle mille e una notte (ed. rest.)

registaPier Paolo Pasolini
castNinetto Davoli, Franco Citti, Franco Merli, Tessa Bouché, Ines Pellegrini, Margareth Clémenti, Luigina Rocchi, Elisabetta Genovese, Alberto Argentino
anno1974

Orari

La storia di Nur-el-Din e della bellissima schiava Zumurrud; la trappola tesa da Tiffané e Zeudé per scoprire chi sia miglior amante fra un ragazzo e una ragazza. E ancora: i diversi destini di Aziz e di Tagi, il primo punito con l’evirazione per un tradimento amoroso, il secondo, invece molto più fortunato. Infine due prìncipi, per cammini diversi ma ugualmente avventurosi, finiscono per farsi bonzi. È l’ultimo capitolo della celebre “Trilogia della vita” pasoliniana.

L’ultimo film della Trilogia della vita è anche quello dove forse si esprime più poeticamente il senso dell’utopia pasoliniana, evocando una dimensione popolare e fantastica dove il sesso è vissuto con libera spregiudicatezza in un passato magico, violento e intatto. Le scenografie di Dante Ferretti, i costumi di Danilo Donati, la fotografia di Giuseppe Ruzzolini, contribuiscono allo splendore figurativo di un film ispirato alle fiabe arabe e girato in Etiopia, Yemen, Iran e Nepal.

Che Le mille e una notte siano opera esotica e fiabesca è un luogo comune che io contesto. C’è del magico, è vero, ma non è quello che conta. Conta invece, soprattutto, il realismo. Sotto la crosta stereotipa, sotto la finta mancanza di interesse psicologico vive sempre, in quasi tutti i racconti, la realtà storica precisa, interamente connotata. Basta ricordare, per esempio, gli elenchi delle vivande di ogni pasto descritto. Menù ricostruiti fino alla pignoleria, elencazioni di oggetti e di ambienti nei minimi dettagli, capaci di restituire intero il senso esistenziale della vita quotidiana. E ancora, i fatti sociali: una vita di relazione con regole raffinate e complicatissime: ogni atto è documentato, si dà conto fin dei gesti dei personaggi, delle frasi rituali di saluto e commiato. Insomma, anche se il testo non enuncia esplicitamente problemi sociali, protagonista resta comunque la società osservata con un rigore quasi etnologico.
(Pier Paolo Pasolini, 1974)