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Il Colore Dell’Erba

castGiorgia Pizzini, Giona Xheka Haxiraj

Delicato road movie da vedere anche a occhi chiusi.

IL COLORE DELL’ERBA, un documentario di Juliane Biasi Hendel prodotto da Indyca e Kuraj racconta la storia dello speciale rapporto tra due giovanissime amiche, Giorgia e Giona, mentre camminano verso l’indipendenza. Le due adolescenti non vedono, per loro raggiungere da sole una gelateria in riva al lago diventa la sfida della vita.

Hai mai pensato di vedere un film al cinema chiudendo gli occhi?

“Il Colore dell’Erba” ha l’ambizione di essere un’esperienza sensoriale: cala i vedenti nel mondo dei non vedenti, un luogo niente affatto buio e oscuro ma ricco di profumi, carezze, rumori a partire dal tenero ticchettio dei bastoni bianchi di Giorgia e Giona. Il film è stato ideato per essere percepito anche da un pubblico di non vedenti e si avvale della collaborazione del sound designer Mirco Mencacci, che creato dei veri e propri paesaggi sonori per il film. La colonna sonora è di Niki La Rosa.

Film riconosciuto di Interesse Culturale dal MiBACT

Nella loro differenza, le paure, le emozioni e le sfide che la vita mette davanti a Giorgia e Giona sono simili a quelle dei loro coetanei. Giorgia vuole essere autonoma e indipendente, è curiosa e vuole percepire il mondo al di là di ciò che conosce. Giona, la sua grande amica, è l’unica con la quale condivide veramente tutto. Giona è chiusa e solitaria, anche lei è cieca e se spegne l’impianto cocleare è anche sorda. La loro sfida più importante è andare insieme sulla strada verso il lago e percorrere questa strada loro due da sole. Giorgia sa che al lago c’è una gelateria frequentata da ragazzi e ragazze e che Giona potrebbe trovare lì delle occasioni per socializzare e conoscere nuovi amici. Andarci da sole è una grande dimostrazione di autonomia, una via di crescita e di emancipazione. Una vera e propria avventura, estremamente impegnativa, ma non impossibile. Giorgia e Giona mostrano come la “paura del buio” riguardi tutti, e diventano un esempio di come questa paura possa essere affrontata, anche se l’avventura cambia le regole del gioco.

“Ricordo che quando ero piccola avevo paura del buio e crescendo ho rimosso questa paura per necessità. Poi ho conosciuto Giorgia che mi rimette di fronte alla paura ancestrale, atavica, del buio, dei mostri che si possono nascondere nell’oscurità che identifico con la paura, a volte irrazionale, degli altri. Penso che mi fa paura non poter vedere, o non vedere bene, o non sentire o non capire. Giorgia è come un simbolo, è una chiave che mi fa accedere a un mondo nascosto e che non conosco. Con Giorgia, una ragazzina di tredici anni, scopro che non c’è un mondo veramente al buio, neanche per lei che è cieca dalla nascita. Mi lascio attraversare dalla sua esistenza e lei mi mostra continuamente ciò che c’è da vedere, sentire o capire. Giorgia e Giona amano il loro mondo speciale e difficile, lo sanno rendere luminoso e pieno di forza, e vorrebbero farlo conoscere a tutti. Il mio film vuole dare voce a questo e al tempo stesso è un contributo al mondo “normale” perché possa arricchirsi di esperienze di vita differenti, fuori dalla norma. Il film vuole invitare ad andare oltre la paura del buio, oltre l’oscurità, ma anche oltre i limiti autoimposti e alla solitudine che spesso la diversità implica.” (Juliane Biasi)

“Vedere un film ad occhi chiusi è un po’ come leggere un libro. I rumori e le parole lasciano fluire l’immaginazione, e ciò che si vive in sala è legato solamente al percepire un’emozione. (…) Il colore dell’erba è il primo film per non vedenti in Italia, in cui le immagini sullo schermo vengono comprese da tutti, senza l’aiuto delle classiche cuffiette audio che descrivono le scene. Perché i dialoghi sono continui, le paure e le gioie vengono espresse dalle due protagoniste, e i rumori del vento e dei bastoni per camminare lasciano intendere le ambientazioni del documentario. (…) I non vedenti potranno vedere il film come una storia emotiva, in cui non c’è bisogno della vista per capire, ad eccezione di qualche scena, gli altri potranno chiudere gli occhi, sempre o a tratti. Si tratta di un progetto sperimentale, che non ha dato nulla per scontato.” (Cristina Insalaco, la stampa)