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I Bambini Sanno

NB: gli spettacoli di Mercoledì 06 Maggio sono a prezzo ridotto. Parte del ricavato verrà devoluto all’Associazione Ambulatorio De Marchi a Kirtipur-Nepal ONLUS

“I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stufano di spiegargli tutto ogni volta”. Saint Exupéry sapeva la verità sulla vita e conosceva le vie, segrete e tenui, per parlare al cuore, alla fantasia, al cervello dei bambini. Negli anni sessanta, camminando per le strade del nostro paese, si poteva trovare un bambino, da zero ai quattordici anni, ogni quattro abitanti. Oggi ce n’è uno ogni otto, la metà. Un paese in cui spariscono i bambini è un paese senza fiducia, senza voglia di futuro, più conservatore. E’ anche un paese con meno fantasia. E con meno poesia. Con meno gioco. Con meno ottimismo. Ho cercato di raccontare, attraverso le voci di trentanove bambini, il nostro tempo. Li ho interrogati sulla vita, l’amore, le loro passioni, il rapporto con Dio, sulla crisi, la famiglia e sull’omosessualità. I bambini non sono delle strane creature alla quali rivolgersi con quel tono fintamente comprensivo che gli adulti usano per comunicare con loro. I bambini hanno un loro mondo, un loro punto di vista, una loro meravigliosa sincerità. Questo film racconta come i nostri bambini , tra gli otto e i tredici anni, osservano e giudicano l’Italia, la loro vita, i grandi, il futuro.

“Facce fresche, nuove, occhi profondi che sanno bene accompagnarsi alle parole pronunciate con accenti diversi, da nord a sud e riuscendo anche solo con poche immagini a farci conoscere situazioni familiari e sociali. (…) Non però episodi staccati, perché il testo e la regia di Veltroni riescono a tenere tutto unito, alternando con ritmi fluidi quei volti e quelle parole che non tardano a diventare un tutt’uno narrativo e, in qualche caso, anche poetico.” (Gian Luigi Rondi, ‘Il Tempo’, 23 aprile 2015)

“‘I bambini ci guardano’ ammoniva Vittorio De Sica, ‘I bambini sanno’, ribadisce Walter Vetroni e ce lo dimostra con il suo bel documentario, (…). Fuori campo, il regista apre il discorso con una domanda semplice e poi lascia la scena al piccolo protagonista di turno, che – timido o estroverso, impacciato o divertito – la occupa con disarmante autenticità. (…) un succedersi di spaccati di vita visti ad altezza di uno sguardo infantile che intenerisce per l’innocenza e sconcerta per la (forse «inconsapevole») consapevolezza, rimandando al quadro di un intero paese. Veltroni guida il gioco con un calore e una freschezza di approccio intonata a quella dei suoi «personaggi» – che alla fine (un bel colpo di cinema) ci «raccontano» tramite video la loro stanza – lasciandoci nell’impressione che a «non sapere» siamo proprio noi adulti.” (Alessandra Levantesi Kezich, ‘La Stampa’, 23 aprile 2015)

“Si sorride spesso e si ascolta catturati, anche per certe pillole di saggezza sconosciute a molti adulti.” (Maurizio Acerbi, ‘Il Giornale’, 23 aprile 2015)

“‘I bambini sanno’, è il titolo di questo viaggio nell’infanzia nata fra web, nuove famiglie, immigrazione. E l’intento è interessante, giacché davvero questa generazione cresce in un mondo rivoluzionato. Però, è la prima domanda, i bambini ‘sanno’, ma sanno cosa? Perché è vero, come suggeriva Saint- Exupery, che i bambini posseggono una loro innata saggezza; però la mostrano, in genere, quando si può osservarli nella loro piena genuinità. Altrimenti il rischio è di sentirsi ripetere da loro semplicemente ciò che ascoltano in casa. Ciò che lascia perplessi del lavoro di Veltroni, pure spinto da un autentico interesse all’universo infantile, è il modo scelto per raccontare i bambini. Davvero con una telecamera e un adulto, amichevole ma sconosciuto, davanti, un ragazzino di 8 anni può mostrarsi autenticamente? I bambini raccontano se stessi stando accanto a loro, guardandoli giocare, leggendone gli sguardi, le facce, e i silenzi, più che attraverso le parole. Un’intervista, una telecamera so no capaci di conoscere quell”oggetto’ delicato e complesso che è un bambino? Il risultato ottenuto è, talvolta, una certa rigidità, oppure un adattamento a stereotipi di adulti. (…) si dimostra che sì, i bambi ni forse ‘sanno’, a dieci anni, ma imitano quello che hanno visto nei grandi, o quello che pensano ci si aspetti da loro. Una parola comunque torna spesso nelle interviste, ed è ‘solitudine’. In molti dicono di senti si soli. Forse i più fortunati sono quelli con radici forti, come il ragazzo di Lampedusa che dice che n on lascerà mai la sua is ola, o il figl io di circensi, orgoglioso di diventare un acrobata. Paradossalmente sembra più ‘forte’ dei coetanei benestanti il bambino rom, maltrattato dai compagni di scuola, che nel suo campo di periferia sogna però di avere una moglie, dei figli, e una casa vera. Sogna, anche, di vedere il mare. E la scena in cui, vedendo il mare per la prima volta, sorride e corre a tuffarsi, del film è la più bella. Forse perché mostra un bambino che fa, genuinamente, il bambino.” (Marina Corradi, ‘Avvenire’, 21 aprile 2015)