A CINQUANT’ANNI DAL COLPO DI STATO MILITARE CHE CAMBIÒ LE SORTI DELLA STORIA CILENA (E FORSE DI TUTTO IL MONDO), GUZMAN TORNA NEL SUO PAESE PER DOCUMENTARE LE PROTESTE CHE LO INFIAMMARONO NEL 2019 CON UNA IMPREVISTA E IRREFRENABILE VOLONTÀ DI CAMBIAMENTO.
BREVE, INTENSO E APPASSIONATO: IL NUOVO TASSELLO DI UNA FILMOGRAFIA TANTO INTIMAMENTE POETICA QUANTO TESTARDAMENTE IN PRIMA LINEA.
IL FILM BENEFICIA DELLA TARIFFA SPECIALE CINEMA REVOLUTION,
GRAZIE AL CONTRIBUTO STRAORDINARIO DEL MINISTERO DELLA CULTURA – INGRESSO € 3,50
Il film è distribuito e proiettato in Versione Originale con sottotitoli in italiano
Nei suoi 47 anni di carriera Patricio Guzam come regista ha diretto tra i film più noti: “La memoria dell’acqua”, “La cordigliera dei sogni” e “Nostalgia della luce”
«Ero a Parigi quando è successo, quindi ho visto tutto svolgersi in televisione. Ho deciso di fare questo film solo dopo, e poi sono andato due volte in Cile per registrare e filmare quello che stava succedendo. Siamo stati per la prima volta a ottobre e novembre 2020. Abbiamo avuto difficoltà con il lockdown entrambe le volte che siamo andati. È vero, non è un paese immaginario. Tuttavia, è un paese difficile e complicato. Quello che intendiamo per paese immaginario è che il futuro non è scritto e questi manifestanti stanno lavorando per una società che vorrebbero e sperano di vedere. È il paese futuro che è immaginario finché non si realizza. (…) È un reportage. L’ho fatto perché è il modo più diretto per raccontare questa storia. È stata una decisione spontanea fare questo film e volevo mostrare cosa stava succedendo. Non c’era bisogno di farne una favola.»
Patricio Guzmán è nato nel 1941 a Santiago del Cile. Ha studiato alla Official School of Film Art di Madrid. Ha dedicato la sua carriera alla regia di documentari. I suoi film sono stati proiettati nei Festival di Cinema più importanti del mondo, ricevendo riconoscimenti internazionali.
Dal 1972 al 1979 ha diretto La Battaglia del Cile, una trilogia di 5 ore sul governo di Salvador Allende e sulla sua caduta. Il periodico americano CINEASTE lo ha descritto come “uno dei dieci migliori film di politica nel mondo”.
Dopo il golpe di Pinochet, Guzmán è stato arrestato e ha trascorso due settimane nello stadio nazionale, dove è stato sottoposto diverse volte a finte esecuzioni. Nel 1973 ha lasciato il Cile per trasferirsi a Cuba, successivamente in Spagna e Francia, continuando a dedicare i suoi film alla sua patria e alla sua storia.
«Ed eccoci così immersi nel presente, nelle lotte della nuova generazione, ed ecco che a questo punto Guzmán comincia a farsi da parte come autore, come soggettività e come voce fuori campo, lasciando spazio a una serie di militanti, di fotografi, di giornalisti, che gli raccontano e ci raccontano cosa sta succedendo e cosa ha portato all’imponente protesta. Lui stesso, d’altronde, è in qualche modo uno straniero in patria e dunque, nella lettura del presente, non può che affidarsi alle voci altrui, al racconto prima delle reiterate e mostruose violenze dell’esercito – che, sempre, inevitabilmente, rievocano i tempi bui di Pinochet – ma poi anche al racconto di come stavolta il movimento sia riuscito, clamorosamente, a vincere.» (Alessandro Aniballi, Quinlan.it)