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La Famiglia Belier

castKarin Viard, François Damiens, Eric Elmosnino, Louane Emera, Roxane Duran, Ilian Bergala, Luca Gelberg, Mar Sodupe, Stéphan Wojtowicz, Jérôme Kircher

Nella famiglia Bélier, sono tutti sordi tranne Paula, che ha 16 anni. Nella vita di tutti i giorni, Paula svolge il ruolo indispensabile di interprete dei suoi genitori, in particolare nella gestione della fattoria di famiglia. Un giorno, incoraggiata da professore di musica che ha scoperto che possiede un dono per il canto, decide di prepararsi per partecipare al concorso canoro di Radio France. Una scelta di vita che per lei comporterebbe l’allontanamento dalla sua famiglia e l’inevitabile passaggio verso l’età adulta.

Dans la famille Bélier, tout le monde est sourd sauf Paula, 16 ans. Elle est une interprète indispensable à ses parents au quotidien, notamment pour l’exploitation de la ferme familiale. Un jour, poussée par son professeur de musique qui lui a découvert un don pour le chant, elle décide de préparer le concours de Radio France. Un choix de vie qui signifierait pour elle l’éloignement de sa famille et un passage inévitable à l’âge adulte.

Il film di Natale 2014 della Francia è stato e continua ad essere un vero e proprio “caso cinematografico” che ha unito i favori di pubblico e critica. Parliamo de La famiglia Bélier, una commedia di fronte alla quale nessuno, ma proprio nessuno finora tra gli oltre 7 milioni di spettatori Oltralpe, è riuscito a trattenere le lacrime. Ma attenzione: non si tratta di commozione melensa e scontata, bensì di emozione gioiosa, di quella che libera (buoni e doverosi) sentimenti per la vita.

Eric Lartigau ne è il regista e la 18enne Louane Emera la prodigiosa protagonista nei panni di Paula Bélier, la 16enne nonché primogenita di una famiglia di non udenti che il caso ha voluto fosse l’unica a sentire. Iscritta svogliatamente a un corso di canto, scopre di avere doti vocali fuori dal comune: quasi un paradosso vista la famiglia di origine. “Se Paula Bélier esistesse, mi piacerebbe che fosse la mia migliore amica!” esplode entusiasta la Emera, raccolta da Lartigau nel vivaio di talenti del talent show The Voice 2.

Il regista, che abbiamo incontrato a Parigi lo scorso gennaio, non si immaginava proprio che un film sulla “normalità di essere sordi” potesse raccogliere consensi di queste dimensioni. Ma in realtà è lo stesso Lartigau ad ammettere che “la sordità è un pretesto per raccontare una diversità nella quale si può essere perfettamente normali, tanto all’interno di una famiglia quanto nelle relazioni esterne, l’importante è sentirsi a proprio agio con se stessi e i Bélier ne sono perfetta testimonianza”.

Una testimonianza che tuttavia solo la comunità reale dei sordi poteva attestare. “Sì, e in effetti abbiamo mostrato loro il film: alcuni non l’hanno gradito perché i genitori – a parte il ragazzino che interpreta il fratello di Paula – non sono sordi, e per questo si sono sentiti un po’ traditi. D’altra parte io volevo assolutamente lavorare con Karin Viard e François Damiens”. Ma La famiglia Bélier va ben oltre l’essere un film sulla “diversità” e un Bildungsroman su un’adolescente: ambientato in un villaggio rurale della Francia settentrionale, mette in evidenza la realtà agricola contemporanea, la sfida sociale di chi ancora investe in un mondo – “il territorio” letteralmente – che solo in apparenza appartiene al passato. I Bélier hanno una propria fattoria dove coltivano, allevano e vendono i loro prodotti nei mercatini locali.

Ed è osservando il malessere dei agricoltori/allevatori francesi che papà Bélier decidere di “scendere in campo” in politica, candidandosi come sindaco del paese con la figlia Paula che – anche in quest’occasione – gli fa da interprete con il linguaggio LSF. “Certo, è anche un film politico mostrando come il linguaggio della politica espresso a parole è più misterioso e affabulatore di quello nel linguaggio dei segni. C’è stato un episodio in Francia di un candidato alla presidenza che era non udente, ma la sua campagna elettorale è durata poco. Forse il fim vuole essere anche una metafora dell’ascolto: entrando nella triste attualità stringente, i fatti di Charlie Hebdo denunciano che sempre più la politica si deve mettere in ascolto di quanto la circonda, e per farlo deve mettersi in ascolto di se stessa” (ilfattoquotidiano.it)